(da un mio piccolo format radiofonico del 2009
Ospite: Francesco Di Giacomo)
Ospite: Francesco Di Giacomo)
F: Ho solo fatto di necessità virtù. Quando ero ragazzetto mia
madre lavorava molto e così mi ha impartito subito alcune istruzioni per cavarmela
da solo anche tra i fornelli. Pian piano mi sono appassionato e sì, lo ammetto,
mi sono sempre divertito molto a stare dove si cucina…
T: Un piatto della tua
infanzia, un sapore impresso nella tua memoria che non hai più potuto gustare..
F: Sono nato in Sardegna, a cinquanta metri dal mare e il pesce era sempre in tavola. La cosa che, però, ricordo con più piacere è la crema... Ora ti spiego. Mio padre era l’amministratore di una grande tenuta del conte Dufour, quello delle caramelle. Ogni tanto si organizzavano delle battute al cinghiale e mia madre dava disposizioni al personale per la preparazione del pranzo e del buffet di dolci.
Noi bambini aspettavamo il nostro turno, quando mamma ci chiamava in cucina per ripulire il tegame della crema pasticcera. Ecco, quel sapore lì, di quel tegamone che sembrava un pozzo agli occhi di un bambino, è irraggiungibile come gusto ed è naturale che sia così.
F: Sono nato in Sardegna, a cinquanta metri dal mare e il pesce era sempre in tavola. La cosa che, però, ricordo con più piacere è la crema... Ora ti spiego. Mio padre era l’amministratore di una grande tenuta del conte Dufour, quello delle caramelle. Ogni tanto si organizzavano delle battute al cinghiale e mia madre dava disposizioni al personale per la preparazione del pranzo e del buffet di dolci.
Noi bambini aspettavamo il nostro turno, quando mamma ci chiamava in cucina per ripulire il tegame della crema pasticcera. Ecco, quel sapore lì, di quel tegamone che sembrava un pozzo agli occhi di un bambino, è irraggiungibile come gusto ed è naturale che sia così.
T: Quando ti sei
trasferito a Roma?
F: Nel 1952, all’età di cinque anni, secoli fa…
F: Nel 1952, all’età di cinque anni, secoli fa…
T: Qual è la ricetta che
hai scelto per la radio?
F: Ne avrei tante da suggerire, ma te ne dico una estremamente veloce. Un piatto di orecchiette. Mettiamo sul fondo l’olio, il pomodoro e un po’ di aglio da togliere subito, da imbiondire appena, aggiungiamo formaggio di fossa e della rughetta fresca. Il tutto si amalgama e diventa un piatto principe, eccellente. La rughetta non deve cuocere, dev’essere fresca, buttata lì...
F: Ne avrei tante da suggerire, ma te ne dico una estremamente veloce. Un piatto di orecchiette. Mettiamo sul fondo l’olio, il pomodoro e un po’ di aglio da togliere subito, da imbiondire appena, aggiungiamo formaggio di fossa e della rughetta fresca. Il tutto si amalgama e diventa un piatto principe, eccellente. La rughetta non deve cuocere, dev’essere fresca, buttata lì...
T: Ultimamente è un po’
di moda, ma è un sapore contadino molto antico.
F: Io ho la rughetta nel prato davanti casa mia e c’è
un’enorme differenza tra quella che compri e la rucola selvatica. La mia è
molto più aggressiva, avviluppante, è un abbraccio forte la rughetta di campo.
E’ aspra, ha un sapore più alto. Fondamentale è il formaggio di fossa, dopo averlo fuso con il pomodoro, ne lasci cadere un un po’ a scaglie su tutto il piatto.
T: Francesco Di Giacomo,
voce del Banco del Mutuo Soccorso…
F: Anche “panza” del Banco.
T: Allora voce, panza e…
parannanza del Banco. La vostra canzone più legata al cibo?
F: Non c’è una canzone vera e propria del Banco legata al cibo.. mi sembra di no, anche se poi spesso tutte partono dall’osservazione del cibo. Io ho scritto un brano mio, che non ha niente a che vedere col Banco, ma che parla di cibo e dice: “Tu sei piena di rischi e di attesa come l’ultima fetta di torta”. L’ultima fetta è quella che rischia di più, perché tutti la guardano, sono tante le mani, ma lei è sola in mezzo al piatto. Ho voluto fare una similitudine con questa ragazza che vuole proprio starsene per conto suo.
T: E tu la cedi a qualcun altro o provi a conquistarla?
F: Non c’è una canzone vera e propria del Banco legata al cibo.. mi sembra di no, anche se poi spesso tutte partono dall’osservazione del cibo. Io ho scritto un brano mio, che non ha niente a che vedere col Banco, ma che parla di cibo e dice: “Tu sei piena di rischi e di attesa come l’ultima fetta di torta”. L’ultima fetta è quella che rischia di più, perché tutti la guardano, sono tante le mani, ma lei è sola in mezzo al piatto. Ho voluto fare una similitudine con questa ragazza che vuole proprio starsene per conto suo.
T: E tu la cedi a qualcun altro o provi a conquistarla?
F: E’ lei che decide, piena di rischi e di attesa come l’ultima
fetta di torta...
T: L’hai già incisa questa canzone?
F: L’ho registrata per me, per farne un provino.
T: L’hai già incisa questa canzone?
F: L’ho registrata per me, per farne un provino.
T: Un brindisi per
salutarci?
F: Faccio un brindisi a tutti gli uomini e le donne che si alzano la mattina presto, che accompagnano i figli, che lavorano nonostante tutto, che attraversano la città, che affrontano l’imbecillità di tutti, me compreso, e brindo alla fine della loro pazienza.
F: Faccio un brindisi a tutti gli uomini e le donne che si alzano la mattina presto, che accompagnano i figli, che lavorano nonostante tutto, che attraversano la città, che affrontano l’imbecillità di tutti, me compreso, e brindo alla fine della loro pazienza.
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Le foto di questa pagina sono di Paolo Soriani