giovedì 17 ottobre 2019

Il tallone di Achille (Ogni riferimento a Lauro è puramente casuale)

foto di Roberto Coggiola

Sui social impazza il dibattito sul Premio Tenco, molte vicende evocate da pungenti botta e risposta su facebook riguardano strettamente soci ed ex soci, lascerei a loro il confronto sulle dinamiche interne del Club, per concentrare, invece, l'attenzione sul concetto stesso di canzone d’autore, riflessione che la famiglia Tenco, con il comunicato chiamiamolo “della discordia”, indirettamente ci spinge a fare.


Cos’è il Club Tenco lo riporta direttamente il sito internet della rassegna: “Il Club è stato fondato a Sanremo nel 1972 da un gruppo di appassionati per promuovere e sostenere la cosiddetta “canzone d’autore“, ossia la canzone di qualità. Lo scopo del Club è quello di riunire tutti coloro che, raccogliendo il messaggio di Luigi Tenco, si propongono di valorizzare la canzone d’autore, ricercando anche nella musica leggera dignità artistica e poetico realismo. Il Club opera senza scopo di lucro, in assoluta e riconosciuta autonomia dall’industria musicale”.

Sintetizzando e andando al punto di questa riflessione, la famiglia Tenco sostiene che alcune scelte della direzione artistica rappresentino “uno snaturamento inconcepibile, in contrasto con le ragioni per le quali il Premio Tenco fu istituito” e avverte che “la partecipazione di alcuni ospiti che non conoscono il mondo dei cantautori, specialmente qualora venissero incaricati di interpretare la sigla di apertura della rassegna, potrebbe apparire come una forma di pubblicità per costoro e far perdere la storica funzione di riconoscimento culturale per coloro che invece creano canzoni di spessore".

L’ospite a cui quest’anno verrà affidato l’onore di interpretare “Lontano, lontano”, sigla di apertura della rassegna, si sa, è Achille Lauro. In effetti, non c’è nel Tenco un criterio o un regolamento in base al quale si possa scegliere l’interprete della sigla, ad esempio essere stato vincitore di Targa o aver realizzato un disco con il migliore arrangiamento, o vincitore di altro premio nell’ambito della canzone d’autore, così per lanciare delle ipotesi. Niente di tutto questo, fino a poco tempo fa la sigla era la vera sorpresa dell’edizione: l’interprete veniva svelato solo quando si alzava il sipario.

Per quanto gli stessi eredi Tenco abbiano cercato di riportare la discussione su altri aspetti, dispiace un giudizio così duro e netto da parte loro nei confronti di un cantante.

Senza fare paragoni, prendiamo un caso illustre, che resiste alle mode e agli anni: Rino Gaetano, semplicemente uno che al Tenco non è mai stato invitato. Il suo stile fu etichettato “nonsense”, un modo per accostarlo più al pop demenziale che alla canzone d’autore, per capire quanto frettoloso possa essere tatuare una medaglia o una croce addosso all’emergente di turno.

Nessun pregiudizio, quindi, se un artista arriva al successo grazie a Sanremo e viene in seconda battuta invitato al Tenco, purché, come ha già brillantemente sintetizzato Marco Molendini, questa scelta non rispecchi “una tendenza generale, quella di cercare il soccorso del vincitore, indipendentemente da ogni altra motivazione”.

Tra le cose, infatti, che vengono contestate, c’è il tentativo di stabilire troppi legami con il Festival di Sanremo come scorciatoia per rilanciare la Rassegna della Canzone d’Autore.
Questo contrasta con gli ideali fondativi del Tenco, che nasce proprio come alternativa al Festival “dominante”, anzi in aperta opposizione, come atto di protesta alle sue logiche commerciali, per volere di Amilcare Rambaldi che all'inizio degli anni ‘70 leggendo un articolo su Guccini, Ciampi e Vecchioni intitolato “Bravi, bravissimi, ma chi li vuole?”, rispose: “Questi cantautori non li vuole nessuno, li voglio io”.

C’è chi apprezza e incoraggia questo avvicinamento, ritenendo che sia questa la strada (cito da commenti vecchi e nuovi) per “svecchiare” il Tenco, “il punto di equilibrio e vitalità per non diventare un museo dal vivo” per “riempire il Teatro Ariston” e chi, invece, pensa che il Tenco non esprima nulla di datato ma che debba dare spazio e attenzione agli artisti che non hanno facile accesso ai canali mainstream, che non rientrano nella programmazione dei network radiofonici, perché non hanno il booking o l'etichetta giusta, sono autoprodotti, non ci sono spazi televisivi per la “canzone d’autore”, o molto semplicemente perché l'industria discografica li considera anagraficamente poco “spendibili”.

Grande spazio il Tenco riserva a proposte e nomi che non hanno “pari opportunità” dei nomi più popolari, se la stampa dedicherà a questi la stessa attenzione sarà un risultato positivo.
Così come sarebbe interessante che un Lauro, dopo quest’esperienza, restasse più vicino e sensibile al richiamo di questa parte meno visibile del mondo della canzone e dello show business.

Qualcuno ha ricordato che Vecchioni, vecchio amico del club Tenco, ospite della Rassegna fin dai primi anni, ha anche vinto il Festival di Sanremo. L’ha vinto dopo, però, a coronamento di una carriera.
Certo, ci sono tanti artisti che hanno calcato i due palcoscenici, ma perché ognuno svolga al meglio il suo ruolo sarebbe auspicabile che fosse il Festival ad accorgersi dell'esistenza di un circuito alternativo e invitasse cantanti che prima sono stati sul palco del Tenco. E così è stato per alcuni, comunque pochi (e scusate se sbaglio qualche nome): Daniele Silvestri, Sergio Cammariere, Francesco Baccini, Avion Travel, Tosca, Motta, Zibba, Frankie Hi-Nrg, Elisa, Cristicchi (che ancor prima fece Musicultura).

Per anni ha regnato nel settore una “sindrome degli anni 70” che ha portato a ridicolizzare quasi la figura del cantautore barba e chitarra e ha penalizzato l’impegno in musica per trasformare il disimpegno in un valore.
Negli ultimi tempi, paradossalmente con l’avvento della comunicazione social, molti artisti hanno ricominciato ad “esporsi” su temi ormai non più rinviabili, alcuni si presentano con look dimessi e la barba da hipster. Persino De Gregori ha ricominciato a rispondere a domande sulla politica. Proprio ora si vorrebbe andare in controtendenza?

E poi la questione anagrafica: Il punto debole non è Achille Lauro, ma invitarlo perché “giovane”. Dalla dittatura del proletariato siamo passati alla dittatura del giovanilismo.

In quel festival del ’67, Daniele Piombi chiese a Tenco: “Lei ritiene che le sue canzoni siano adatte ai giovani?” Lui rispose “Io credo che i giovani siano adatti alle belle canzoni”. Si potrebbe sintetizzare così: le canzoni di Tenco erano canzoni di amore tormentato e di impegno civile e sociale. In risposta alle canzoni “beat”, il pop blandamente di protesta, Tenco rispondeva : “Noi nella pace e nella libertà non vogliamo “sperare”, ma preferiamo ora lottare su una trincea fatta di splendide e significative note, per conservarle o conquistarle. Questo è bene che si sappia”.

Timisoara Pinto