Pareti, lastre piane,
coperture ondulate, rivestimento tetti, pannelli, pannelli isolanti, ceramiche,
supporto piastrelle, pavimentazione tubi, isolamento termico, caldaie, cemento
per manto di copertura, cemento per forni, intonaci e stucchi, pitture,
vernici, asbesto spray per isolamento acustico, isolamento termico per pareti,
pavimenti, materassi, guaine materiale elettrico, condotte per fognature,
strato di fondo carrozzerie autoveicoli, tessuti, nastri, guarnizioni di freni,
dischi frizione, filtri per maschere antigas, guarnizioni ad anello, tubi,
stoppini, funi, spago, filo da cucire, rivestimento conduttori elettrici,
rivestimento di cavi, materassi, indumenti, guanti, grembiali, drappeggi
tappezzerie, coperture, sacchi postali, tende, tappeti, sipari teatrali,
scenari teatrali e rivestimenti pavimento in teatri, trattamenti acustici,
filtri, rivestimenti, imbottiture, attrezzature mediche, protezioni antifiamma,
sacchi di sabbia, nastri trasportatori, accessori per velivoli, tovaglie per
tavoli da stiro, imbottiture pianoforti, avvolgimento bobine, coibentazioni per
tetti, guarnizioni, stoppini, tubi, rivestimenti stufe, condotti di scarico per
automobili, teglie per forni, imbottiture e stuoie da tavola, condutture
d'aria, caloriferi, casseforti, cabine di proiezione cinematografica, macchine
lavaggio a secco, inceneritori rifiuti, forni, pareti tagliafiamma,
soffittature, guarnizioni, porte antifiamma, stuoie da tavola, tubi per
condutture acqua, fognature, condutture gas, portalampade, parti di
commutatori, montature resistenti ed altri usi per materiale elettrico come
isolamenti sotterranei e pavimenti, vari impieghi in materie plastiche…
Le famigerate
onduline di eternit sono solo un aspetto del problema: l’amianto è stato
utilizzato soprattutto negli anni ’50 e ’60 nella realizzazione di oltre 3000
prodotti industriali.
Arriva nel 1992 la legge 257 che, con un ritardo criminale, ha messo al bando
la fibra killer (vietandone l’estrazione, l’uso e la commercializzazione) e ha tentato
di imporre la bonifica di ogni luogo in cui fosse presente.
Sono
passati altri anni e altre sentenze, ma tale risanamento è ben lungi
dall’essere completato (nella migliore delle ipotesi) o avviato del tutto
(nella maggior parte dei casi).
Una fibra assassina capace di appostarsi nei polmoni e premeditare il suo
agguato per 20, 30, 40 anni. Amianto, detto anche
asbesto, il “miglior termodispersore al mondo”… In sé non è pericoloso:
lo diventa quando si usura e le piccolissime particelle di cui è composto si
disperdono e vengono inalate. Allora vanno a concentrarsi nei bronchi, negli
alveoli polmonari e nella pleura e provocano il mesotelioma
pleurico, il tumore causato esclusivamente da inalazione di microfibre di
amianto. Che dire poi del carcinoma laringeo e dell’asbestosi, il primo stadio
della malattia che comporta gravi minorazioni cardiocircolatorie.
Nel 1928 inizia la produzione di tubi in fibrocemento, che fino agli anni '70 rappresenteranno lo standard nella costruzione di acquedotti. Nel 1933 fanno la loro comparsa le lastre ondulate, in seguito usate spesso per tetti e capannoni. Negli anni ‘40 e ‘50 l'eternit trova impiego in parecchi oggetti di uso quotidiano. Il più famoso è probabilmente la sedia da spiaggia di Willy Guhl. Sai che giovamento anche sotto il sole. E così via, fino a raggiungere i famigerati 3000 prodotti industriali. Realizzati non solo a Bari, ma anche alla Eternit di Casale Monferrato (la più grande d’Italia), di Cavagnolo, di Bagnoli e di Rubiera, alla Sacelit di San Filippo del Mela in Sicilia, a Senigallia, alla Italcementi di Trento, e nella vicina Molina di Ledro, alla Cemamit di Fermentino, i Nuovi Cantieri Apuani di Marina di Massa, a Monfalcone, a Reggio Emilia e alla Breda di Sesto San Giovanni, solo per citarne alcuni…
Più volte, nel tempo, gli operai hanno protestato per la mancanza di
respiratori, per lo spazio angusto e nocivo, per il rumore assordante. Solo
costi aggiuntivi e una conseguente perdita di competitività, figuriamoci.
Dei danni
provocati dall'amianto si parla già nel 1898, ma l’allarme viene naturalmente
ignorato. E’ solo intorno al 1960 che la comunità scientifica riconosce che il
materiale può provocare il cancro.
Nel 1911 partono i test sui topi. Nel 1917 le autorità inglesi si limitano a
raccomandare di areare i locali. Nel 1932 i sindacati lanciano il primo serio
allarme.
Tra il 1955 e il 1960 vengono pubblicati gli studi di Doll, Sleggs e Wagner
sulle connessioni tra cancro e amianto. Nel 1986 l’Agenzia internazionale delle
Nazioni Unite per la ricerca sul cancro dichiara che tutti i tipi di amianto
sono cancerogeni e, pertanto, non esistono soglie di sicurezza per chi vi si
espone. Pensate che fino alla fine degli anni ’80, l’Italia è stata il secondo
paese produttore di amianto in Europa, dopo l’Unione Sovietica.
Giugno 2007: siamo a Sesto San Giovanni, la Stalingrado d’Italia, la città
operaia delle grandi fabbriche come la Breda, la Marelli, la Falck.
Il francese Pierre George nei suoi studi di geografia umana e sociale cita
Sesto come esempio di "banlieue renversee (periferia rovesciata).
Una periferia dove la gente non tornava a dormire ma veniva a lavorare. 42.000
operai stanchi e assonnati nel periodo più frenetico.
Michele Michelino |
Giovambattista Tagarelli lavorava alla Breda, reparto aste leggere (aste
trivellatrici per la ricerca del petrolio). Era l’unico reparto in Italia dove
si utilizzava il metodo di saldatura detto “a scintillio”.
La saldatrice arrivò dagli Stati Uniti già con una pessima fama. La macchina
era coperta da un telo d’amianto per raffreddare i pezzi e al tempo stesso
riparare l’operaio. In realtà il telo si surriscaldava e l’addetto lo
respirava.
Di 26 tute blu che hanno lavorato alle “aste” tra il 1973 e il 1989, 9 i
sopravvissuti… Tagarelli è morto nel 1999. La Breda Fucine, fondata nel 1886
col nome E.Breda & C. chiude i battenti 2 anni prima, nel 1997.
Raccogliamo le testimonianze
degli ex operai che incontriamo: Michele Michelino, Silvestro Capelli, sua
moglie Rosella Piazzoni, Daniela Trollio, Corrado Santomartino, Pasquale
Giornaliero, Nicola Colucci e un ex della Marelli, Matteo Giordano. E’ una
riserva operaia, il nucleo di una lunga battaglia iniziata con Tagarelli, con
Franco Camporeale, Giuseppe Gobbo ed altri che non ci sono più. Hanno scritto
un libro che racconta come loro siano riusciti «a portare sul banco degli
imputati non solo i dirigenti di una fabbrica “di morte” ma un sistema
economico che, in nome del profitto, calpesta, avvelena e uccide uomini e
natura.»
Qui il veleno si chiama amianto. Ma potrebbe chiamarsi arsenico, come a
Manfredonia, diossina come a Seveso o CVM come a Porto Marghera.
Prima di sederci a tavola, Michele Michelino, presidente del Comitato per la difesa della salute nei luoghi di
lavoro e nel territorio di Sesto San Giovanni, ci mostra un 45 giri autoprodotto
con i canti incisi dal Coro degli operai della Breda. Sembra di stare in uno di
quei Bar à Book spuntati come funghi a San Lorenzo a Roma, se non fosse per gli
oggetti appartenuti alle vittime del lavoro, per le bacheche piene di rabbia e di
orgoglio.
Michele
Michelino dovrebbero brevettarlo, come ha fatto la Nintendo con l’idraulico
Super Mario. E’ buffo, ma gli somiglia. Mette la prima salopette nel ‘69 a 16
anni per entrare alla Pirelli, reparto produzione cavi elettrici. Niente male
come anno di battesimo. Poi in Breda, dal ’76 al ’97.
Ecco perché gli operai non hanno più la consapevolezza di esserci e credono a
quello che dice che gli operai non esistono più.»
Il pranzo scatena l’aneddotica e instilla il buonumore. Michele svela la famosa
leggenda del “panino retribuito”. Ai tempi della cassa integrazione alla Breda,
l’azienda andava avanti con 800 lavoratori fuori e 800 dentro. Poiché gli 800 “graziati”
dovevano lavorare anche per gli 800 rifiutati, i cassintegrati organizzavano
dei veri e propri picchetti gastronomici offrendo il panino a quelli di turno,
una cooperativa organizzata col fondo cassa degli scioperanti.
«La cassa è vuota, non lo vedi che gli operai non sono ancora arrivati?»
borbotta il proprietario del bar continuando ad asciugare i suoi bicchieri.
«Allora dammi il cappuccino e tutte le briosches» risponde Giuseppe. Più che
l’onor potè il digiuno, verrebbe da dire, ma un metronotte che passava davanti
al bar vede la pistola poggiata sul bancone e chiama la polizia. Picchiato in
questura, ma rilasciato. Il barista, naturalmente, non aveva sporto denuncia.
Da allora Giuseppe diventa per sempre e per tutti Brioche. Anche perché dopo
qualche mese, Michelino se lo ritrova in Breda, a lavorare nella sua squadra,
nel suo stesso reparto.
Tra gli “emigranti” anche molti lucani. Come Nicola Colucci che ci racconta del
merlo comunista. Viveva in una trattoria sotto il ponte della Breda e dalla sua
gabbietta ha partecipato alle manifestazioni, ha condiviso gli scioperi, ha
mandato a memoria i canti di lotta che gli operai intonavano davanti ai
cancelli. E’ stato il cantore solitario di 20 anni di vita di fabbrica.
«Fischiava il motivo di Bandiera rossa che era uno spasso. Se poi era in vena, te
la faceva tutta, dall’inizio alla fine».
Quanto di più lontano dal canto forte e puro del merlo, è purtroppo la voce di
un altro operaio, Silvestro Cappelli operato alla laringe
per sradicare un cancro da amianto. Adesso parla attraverso un foro praticato
nella trachea. E’ spesso il testimonial – se così si può dire – della lotta del
Comitato. Ha portato la sua storia a teatro con Frankenstein, atto unico in forma di oratorio della
Compagnia degli Stracci e del Gruppo Monbotan.
Silvestro Capelli |
Tratto da "I diari del camioncino. Il viaggio dei Tetes de Bois nell'Italia del lavoro" a cura di Timisoara Pinto (ilmanifesto, 2008)
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