La prima volta che ho visto il ponte di Genova è stato su un libro di geografia alle elementari. Lo avevo scambiato per quello che attraversavo tutte le volte che partivo da Potenza, all’altezza di Balvano. Poi ho scoperto che, in confronto al Morandi "padre", quello era solo una miniatura.
Mi aveva colpito perché aveva i “piloni” al contrario, verso l’alto, e non sapevo che facessero parte, invece, di un calcolo ingegneristico preciso. Erano i “tiranti” e io mi immaginavo “tiranni”, in fondo altro non era per me che la stilizzazione di un vascello di pirati.
Guardandoli attraverso il finestrino e il lunotto posteriore, a quel ritmo regolare scandito dai giunti autostradali, mi provocavano le vertigini al contrario.
Il crollo mi ha sprofondato in un silenzio di assurdità e dolore. Mi ripetevo come un salmo “Genova per noi, Genova per noi”, perché mi vengono in mente le canzoni quando cerco la sintesi, la ragione o qualcosa cui aggrapparmi, e pur nella leggerezza del testo, vi ho trovato un fondo straziante.
Poi i miei spostamenti “da grande” mi hanno portato verso nord e la prima volta che ho visto e attraversato quel ponte ho pensato banalmente “prima o poi le ritrovi nella vita le foto delle elementari.”
Quel giorno ha compiuto 90 anni un gigante della cultura italiana, Lina Wertmuller. La notizia è passata in secondo piano per il lutto che ha stravolto il Paese. Eppure io ho pensato alla meravigliosa Lina che ha saputo costruire ponti tra le diverse arti e mostrare al mondo la tragedia della commedia umana.
viadotto Carpineto - raccordo autostradale Potenza-Sicignano |
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