venerdì 2 ottobre 2020

“Atom Heart Mother”, la mucca più famosa del rock


Compie 50 anni la mucca più famosa del rock, “Atom Heart Mother”, il quinto album in studio dei Pink Floyd, pubblicato il 2 ottobre 1970, il disco della svolta, del passaggio dal periodo psichedelico ai fasti dei kolossal rock della band.

Atom Heart Mother è uno dei primi dischi della storia del rock a non riportare il nome della band in copertina, senza le foto e le scritte deformate a cui ci aveva abituato la grande grafica degli anni Sessanta.

La band voleva distaccarsi dall’immaginario psichedelico e per questo chiese un’immagine semplice. Fu così che arrivò lo scatto della mucca frisona, citata e omaggiata, tra gli altri, da un album postumo di Frank Zappa, da Aerosmith, Elio e le Storie Tese, Blink 182. 

Atomo, cuore, madre: madre dal cuore atomico. Per il titolo, Roger Waters prese spunto da un articolo di giornale che parlava di una donna in gravidanza a cui era stato impiantato un pace-maker atomico.

I Pink Floyd non hanno mai amato particolarmente questo album al punto che David Gilmour l’ha definito 
spazzatura sperimentale, un raffazzonato tentativo di raschiare il fondo del barile, ma “Atom Heart mother” è ancora oggi, tra i più apprezzati dai fan della band, nonché il primo del gruppo a raggiungere il numero uno della classifica inglese.

Dissonante e intimo, rumori domestici e aperture ariose, con una potenza sonora e orchestrale dovuta all’opera di mixaggio di Alan Parsons e Peter Brown, e agli arrangiamenti di Ron Geesin, compositore d’avanguardia, che per questo disco fu giustamente definito il quinto Pink Floyd. Un film per le orecchie, tanto che Stanley Kubrick chiese ai Pink Floyd di poter spezzettare la suite di circa 23 minuti che dà il titolo all’album in vari momenti di “Arancia Meccanica”. Non se ne fece nulla, ma Kubrick riuscì comunque a inserire il disco nel film, facendo apparire la copertina nella scena ambientata in un negozio di dischi.

Storm Thorgerson, autore della copertina, lo stesso ‘cover designer’ di “The dark side of the moon”, dichiarò: “Penso che la mucca rappresenti il loro umorismo, un aspetto poco conosciuto o sottovalutato dei Pink Floyd”, senza sapere che molti anni prima, nel 1963, una mucca pezzata era già stata utilizzata come foto di copertina da uno dei nostri cantautori più amati e, guarda caso, più ironici, Sergio Endrigo.








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