L’Università di Roma Tor Vergata conferità questa mattina la laurea honoris causa in DAMS ad Ennio Morricone. Un riconoscimento accademico di grande prestigio per il settantaquattrenne maestro romano e per tutta la musica italiana, da qualche anno al centro di studi e di un dibattito più ampio da parte del mondo accademico. “Morricone – si legge nella motivazione – non è solo un grande autore di bellissime musiche che hanno caratterizzato tanti films di questi ultimi anni, ma è anche un compositore saldamente radicato nella musica colta contemporanea e nelle esperienze dell’avanguardia musicale non solo italiana”.
Maestro, non è la prima laurea honoris causa che riceve?
Ne ho ricevuta una in Lingua e letteratura straniere dall’Università di Cagliari , e l’Università di Madrid mi ha insignito del titolo di Claustro universitario delle arti.
Che significato ha per lei la cerimonia di questa mattina?
Si tratta, senz’altro della laurea più adatta e più giusta che potessero conferirmi. E poi, riceverla qui a Roma, nella mia città, mi rende orgoglioso.
Lei ha composto 400 colonne sonore in 41 anni di carriera: a cosa vorrebbe dedicarsi di più oggi?
Il cinema è sempre la mia principale attività, i prossimi film saranno “Senso 45” di Tinto Brass e “Il Papa Buono” di Ricky Tognazzi, ma vorrei più tempo per comporre solo per me. Sto preparando un pezzo per il Festival di Ravenna, dal titolo “Voci dal silenzio”, che, in quell’occasione sarà diretto da Riccardo Muti con l’Orchestra della Scala.
Come direttore d’orchestra nel suo curriculum figurano anche due Sanremo, nel 1964 e nel 1966. Guarderà quest’anno il festival?
No, non lo guarderò perché vado a dormire presto. Feci Sanremo perché a quell’epoca lavoravo per la RCA e mi occupavo della cura dei pezzi di alcuni artisti. Tra questi mi ricordo Paul Anka che nel 1964 andò al festival e la RCA mi chiese di accompagnarlo.
Lei ha sempre privilegiato la sua ‘romanità’ anche nelle scelte lavorative, come ha fatto a non cedere mai alla tentazione di andare in America?
Non mi sposterò mai da Roma. Pensi che una volta mi avrebbero persino regalato una villa, se avessi accettato di andare a lavorare negli Stati Uniti. Sono riusciti a portarmi lì per la nomitation ottenuta con “Malena”, il film di Tornatore. Ma sentivo che anche quella, la quinta nella mia carriera, non sarebbe stata la volta buona.
Timisoara Pinto
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