Per ogni piccola domanda ha sempre pronta una lunga e suadente risposta. Patti Smith è ancora una volta in Italia e all’areoporto di Fiumicino, dove è scesa ieri pomeriggio, ha incontrato la stampa per raccontare il suo “words and music”, concerto con cui l’artista di Chicago inaugurerà domani sera l’Auditorium-Parco della Musica.
Accompagnata dal suo compagno, il chitarrista Oliver Ray, Patricia Lee (questo il suo vero nome), ha raccontato la sua passione per il nostro paese, l’amore per Puccini con parole farcite di elementi letterari (ha anche mostrato la biografia di Maria Callas, sua ultima lettura), riferimenti alti ed altri, dettati dal background poetico che la caratterizza.
L’evento che la vedrà protagonista solo apparentemente stupisce per l’accostamento di due mondi così distanti, la Rimbaud del rock ed il tempio della classica. In realtà coniuga perfettamente le due anime della Smith: quella affascinata dall’opera (“ultimamente ascolto la Callas – dichiara l’artista - perché sto studiando la mia voce) e quella devota alla "musica giovane". All’età di nove anni, infatti, due cose hanno segnato la sua vita: una rappresentazione di “Madama Butterfly” e Little Richard.
Che effetto le fa essere la prima artista rock ad esibirsi nel nuovo auditorium di Roma?
Sono veramente onorata, anche perché in America per le idee che ho, non mi avrebbero mai invitata ad un’inaugurazione di tale importanza. Da una parte sono anche un po’ sorpresa, ma dall’altra no, perché in Italia sono sempre stata ricevuta con grande calore. Ricordo la prima volta all’aeroporto di Firenze nel 1979. Fui accolta da un gruppo di paparazzi, ma non capii subito che stessero inseguendo proprio me. Con i miei musicisti ci guardammo intorno, pensando che forse dopo di noi fossero scesi dall'aereo Marcello Mastroianni e Federico Fellini.
Il suo ultimo concerto tenuto a Roma l’estate scorsa lo ha dedicato ad Anna Magnani. Quello di domani sera?
Lo dedico al Papa. So che in questo momento non sta molto bene e vorrei trasmettergli un po’ della mia forza e della mia energia. Io non sono cattolica, ma in lui non vedo la religione, vedo solo un uomo che sta tentando di tenere il mondo unito.
Il suo pensiero sul terrorismo
Sono americana, ma la mia filosofia del terrorismo è diversa dalla filosofia del mio paese. Nessun paese può ambire ad essere il numero uno. Io amo il mio paese, in senso patriottico ma non nazionalistico. La cosa più pericolosa non è la bomba in sé, ma quel meccanismo che fa di un semplice corpo una carica di energia distruttrice. Il più grande pericolo che c’è oggi è la forza spirituale, se usata negativamente.
Che ricordo ha del pubblico italiano?
In Italia ho trovato sempre grande rispetto e ospitalità per il mio spirito rivoluzionario. Una volta sono finita in un posto enorme senza rendermi conto di dove fossi. C’era tantissimo pubblico e quella gioia, quell’eccitamento che li animava mi hanno subito contagiata.
Timisoara Pinto