venerdì 10 ottobre 2025

75 anni e la voglia di ripartire da Zero

 Renato Zero e i suoi "pensieri urgenti"


Zerosky, Zero infinito, La coscienza di zero, Tutti gli zero del mondo, Zerofobia, Zerolandia, Zero a zero Zerofollia e adesso “L’ora Zero”, titolo del nuovo album. Qual è il rapporto di Renato Zero con il tempo?

E’ un rapporto di grande collaborazione.  Credo che il tempo sia favorevole quando lo spendiamo con saggezza e con giudizio. Certo, ho perso molti amici a causa del tempo, e questo mi ha creato uno squilibrio, sono prove attitudinali di resistenza e anche di fede, ma non mi arrendo di fronte alla morte, perché credo che la morte sia tale, quando smettiamo di immaginare quello che abbiamo guadagnato e non perso. Mi dico che il tempo ha fatto il suo lavoro finché ha potuto, da quel momento in poi è la nostra memoria che deve essere generosa ed infallibile.

foto di Roberto Rocco

Sono 19 canzoni, l’album si può dividere in due parti?


Anche in 19 parti, sono 19 pensieri urgenti. La sequenza delle canzoni l’ho voluta così per dare una motivazione consequenziale all’azione di eventuali reazioni all’ascolto perché ogni tanto c’è uno schiaffo buono tra un brano e l’altro.

 L’album si apre con “Aspettando l’alba” e si chiude con “Pace”. Sarà un’alba di pace?

Ma io lo auspico, perché stiamo vedendo degli orrori su questi bambini, soprattutto la sofferenza di queste vite strappate, sapendo che questi sarebbero stati uomini, avrebbero avuto tutto il diritto di vivere una vita. È sconcertante che un mondo che vanta una ricchezza acquisita, che non ci sia da parte di questi paesi la volontà di mettere voce a questo urlo di dolore e di vergogna. Questo mi rammarica tantissimo. Vorrei vedere la civiltà di esseri umani che dopo millenni, non devono tornare all’origine.

Che  Italia ha visto in questi giorni? 

Ritengo che non ci siano questi esempi, diciamo titolati, capito? Esempi che possano con un carisma, con una forza medianica, rappresentare il pensiero e l'azione. Cioè siamo secondo me carenti di uomini che facciano un pochino da baluardi, da portatori sani in qualche modo di un rinnovamento e anche di un desiderio di cambiare. 

Dicevamo, 19 canzoni legate da alcuni pensieri urgenti. Quali sono i sentimenti che le uniscono? I temi più importanti dell'album? 

L’amore sai come lo canto in questa circostanza, è un amore che vuole tutela, vuole preservazione, vuole maggiore credito, perché noi l'abbiamo sempre un po' sottovalutato questo sentimento, perché pensiamo che debba essere sempre abbinato al sesso o che sia comunque un alibi per fare di questa opportunità una parentesi libertina. Perché poi, se l'amore c'è, deve essere in qualche modo manifestato in tutto e per tutto nella quotidianità. Non è che può essere l'appuntamento erotico o di maniera quando c'è il compleanno oppure la ricorrenza di un legame. L'amore c’è sempre, come ci sono altri sentimenti all'interno dell'album. Prendi ad esempio il brano “Ascoltati”, secondo me è un'urgenza impellente quella di ascoltarsi. Insomma, io sono stato attento proprio perché ho 75 anni, non potevo fare un album privo di responsabilità e soprattutto di fermezza e anche di onestà. In questo disco c'è un Renato Zero che a 75 anni ha ancora la voglia di lottare, di garantire al pubblico la propria onestà, la propria energia. 

E quindi a chi lo dedica questo album così pieno di contrasti ma anche tanta luce sul futuro? 

Lo dedico ai giovani, bisogna stargli molto vicini, insegnargli cose importanti nella vita, anche questo fatto di prendere di petto sempre i genitori mi sembra un alibi così facile, così poco onesto, i genitori lavorano, hanno tanti oneri. Ecco, per esempio sulla scuola mi soffermerei. Rivediamo gli stipendi di questi insegnanti, facciamo in modo che vengano pagati come si deve, come i chirurghi, per evitare di perdere pure queste prospettive così importanti per la società italiana. 

È un album però anche molto autobiografico. Basta ascoltare le prime due canzoni per trovare termini come “Trasgressivo”, “Ultimo”, “Solo”, “Sogni”, “Alibi”, “Un Dio in cui credere”. “Sostenere quel talento non fu mai facile”, ad esempio è una frase molto autobiografica,. Quindi a 75 anni “L’ora Zero” è anche un po’ un ritorno alle origini, un guardarsi indietro e ripercorrere la storia di Renato Zero? 

Io credo che sia anche un recupero dagli zero anni ai 18, perché sono stati anni in cui la memoria per fortuna m'ha assistito e ricordo benissimo la qualità degli slanci non solo dei miei genitori, ma dei miei zii, fratelli di mia madre. Pensa che a via Ripetta noi abitavamo tutti in una casa, eravamo 11 persone, quindi non mi è mancato certo l'affetto. Però sono stato un bambino troppo serio, troppo posato, troppo poco bambino. E allora ecco, in questa occasione, essendomi fatto un po' l'esame, ho ritenuto che in fondo, se questi 75 anni possono ridursi poi a una ripartenza, accetto la sfida volentieri, ovviamente non avendo l'elasticità dei 18 e le cellule fresche di allora, però non si sa mai, la vita ti offre sempre una seconda chance. 

foto di Roberto Rocco

E poi è stata una vita divertente. Ad esempio siamo in questo teatro, il teatro Brancaccio, che è stato significativo per la tua carriera. E il teatro, la dimensione teatrale è importante nei tour, per esempio. E anche nel prossimo che partirà a gennaio. Quanto è stato importante il teatro nella tua vita? 

Tanto importante perché mi ha insegnato una disciplina che non conoscevo, soprattutto nella parentesi con il Teatro Stabile di Genova, quando lavorai per l'”Anconitana” del Ruzante con la regia di Gianfranco De Bosio. E lì capii perfettamente che importanza potesse avere il teatro anche nella formazione degli spettatori, non solo degli attori. Perché il teatro insegnava la vita, insegnava i comportamenti, i dettami, le regole del vivere. Capito? Adesso questo teatro è stato ingiustamente tagliato, siamo in qualche modo orfani di questa meravigliosa rappresentazione. Speriamo che questa arte possa in qualche modo essere riconosciuta nuovamente dai governi e possa in qualche modo ristabilire una continuità necessaria proprio nella formazione di tutti noi. 

E un ricordo legato a questo teatro, il Brancaccio di Roma?

In questo teatro io ballai, ero un ballerino allora, eravamo 8 di noi con le coreografia di Franco Estil e ballammo per Jimi Hendrix. All'inizio del suo concerto noi facemmo questo balletto meraviglioso. Entrò Jimi Hendrix a un metro da me, non svenni solo per rispetto nei confronti del pubblico. 

E poi la serata finì al Piper o sbaglio? 

Ovviamente si finisce sempre al Piper o al Titan, erano i due posti deputati per il dopo concerto. 

Anche con Jimi Hendrix in una Cinquecento. 

La Cinquecento di Marozzi, il mio amico Alberto Marozzi portò Jimi Hendrix nella Cinquecento, Jimi Hendrix scordò la chitarra con il fodero sul sedile e Alberto gliela riportò. Jimmy gli disse, No, la puoi tenere. E Alberto: Guarda con grande rammarico, non mi prendo questa responsabilità e gliela ridiede.

Una domanda che ha a che fare col coraggio di manifestare la propria personalità, sfidando i pregiudizi. A che punto siamo con i diritti o, meglio, con la differenza tra tolleranza e diritto? 

Ma sai, sono due piattaforme necessarie, ma forse più la tolleranza che la legislazione eventuale di un'accettazione definitiva di certe diversità. Quindi secondo me dovrebbe vincere la tolleranza prima che si legiferasse in merito, perché se non cambiamo la testa è inutile cambiare la legge. 

Il rapporto con i fan è sempre stato molto stretto. Hai fatto scuola anche in questo. 

Quando ci incontriamo c'è sempre quell'affiatamento, quella necessità proprio anche di toccarsi, di abbracciarsi. Io ho davvero una famiglia allargata, esagerata, bellissima. 

Ma perché tu ami proprio il contatto con le persone, con la strada

Per questo non faccio gli stadi, per esempio, perché vedere queste capoccette piccole così non è proprio per me. 

Non ti dà soddisfazione. Ho citato la strada in senso felliniano. Ci sarà ancora il cinema nella vita di Renato Zero? 

Guarda, mi vergogno a dire che “Ciao Nì” fu primo in classifica negli incassi, secondo Superman. Volevo chiedere scusa a Superman, volevo telefonargli ma non trovai il suo telefono per cui sai mi feci un pochino da parte perché mi scioccò questa cosa. Perché effettivamente il film era piacevole, anche con dei messaggi forti, ma sai ottenere quel risultato così mi ha un po' spostato, dciamo... Non ero così consapevole che fosse vero quello che accadeva. 

Te lo chiedevo perché so che ti affascinava l'idea di scrivere un film. 

Mi piacerà fare un film scritto da me, diretto e credo che lo farò prima o poi. 

Ci stai già lavorando?

eh...

Nì?

… Nì!

foto di Simone Cecchetti


Timisoara Pinto


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